Le nuove tecnologie sfidano la dignità umana. Dai messaggi di Papa Francesco all’appello profetico di Leone XIV, la Chiesa propone un discernimento profondo sull’uso dell’IA.
Nel pieno di una rivoluzione digitale che sembra inarrestabile, l’intelligenza artificiale (IA) è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. Ma mentre la tecnologia accelera, si moltiplicano le domande etiche, spirituali e antropologiche. A guidare il discernimento su questi temi è la Chiesa cattolica, che con crescente chiarezza ha posto al centro la questione dell’etica dell’intelligenza artificiale.
Già Papa Francesco, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024, affermava con forza: «Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente accettabile».
Un richiamo essenziale, in un tempo in cui la tecnica rischia di diventare fine a sé stessa, dimenticando la persona umana.
Il cuore dell’uomo davanti alla macchina
Sulla stessa linea si è espresso anche Leone XIV, il pontefice matematico che nel suo primo intervento ufficiale con i media ha ribadito il senso profondo della riflessione cristiana sull’IA: non un rifiuto del progresso, ma una custodia dell’umano.
L’etica dell’intelligenza artificiale, infatti, non è solo una questione tecnica o giuridica, ma tocca il nucleo stesso dell’antropologia cristiana. Chi è l’uomo? Qual è il suo posto nel creato? Quali relazioni lo definiscono?
Algoritmi sì, ma giusti
Il problema non è solo cosa fa l’intelligenza artificiale, ma come lo fa. Gli algoritmi che regolano i motori di ricerca, i sistemi sanitari, i processi di assunzione o la sicurezza pubblica sono scritti da esseri umani. Riflettono, consapevolmente o no, valori, visioni del mondo, priorità.
Come ha ricordato Papa Francesco nel documento “Rome Call for AI Ethics”, serve una algor-etica, che unisca competenza tecnica e responsabilità morale. I principi elencati nel testo – trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità e sicurezza – costituiscono la base per una tecnologia al servizio dell’uomo, e non viceversa.
Leone XIV ha fatto un passo ulteriore, parlando di una “fraternità algoritmica” secondo la quale non serve un’intelligenza artificiale più potente. Ci serve un’intelligenza più fraterna. Un appello potente, che riconduce ogni progresso alla sua radice etica e spirituale.
Educare all’etica digitale
Nel contesto attuale, la Chiesa invita a una grande opera educativa. Non solo i programmatori o i tecnici devono essere formati, ma anche gli utenti, i cittadini, i giovani. È necessario sviluppare una coscienza critica e spirituale capace di discernere tra ciò che è utile e ciò che è giusto, tra ciò che funziona e ciò che è conforme al bene comune.
La Chiesa cattolica propone così una via evangelica al digitale: educare all’uso delle tecnologie nella verità, nella libertà e nella carità. Solo così l’IA potrà diventare uno strumento di pace, di giustizia, di solidarietà.
Umanizzare il futuro
Il rischio più grande, oggi, non è che le macchine diventino troppo intelligenti, ma che gli uomini smettano di essere umani. La velocità delle decisioni automatizzate, la personalizzazione spinta dei contenuti, la riduzione della realtà a dati possono generare disumanizzazione.
È qui che il Vangelo si rivela, ancora una volta, profetico. La verità non si misura con un algoritmo, ma si incontra in una relazione. L’uomo non è solo informazione, ma mistero, chiamato all’incontro con Dio e con gli altri.
Tra fede e algoritmo?
La sfida etica dell’intelligenza artificiale è una delle più decisive del nostro tempo. Ma la Chiesa non si limita a denunciare o a reagire: propone. Propone una visione dell’uomo e del mondo fondata sulla dignità della persona, sulla giustizia, sulla solidarietà.
In un mondo che cambia, è la fedeltà al Vangelo a rendere possibile un discernimento autentico. Perché anche l’intelligenza più artificiale non potrà mai sostituire ciò che rende l’uomo davvero uomo: la libertà, la coscienza, l’amore.