Un richiamo che segna una svolta nel pontificato di Papa Leone XIV. Durante l’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, il Santo Padre ha pronunciato parole di straordinaria forza sulla situazione in Medio Oriente, denunciando le “condizioni inaccettabili” in cui versa la popolazione di Gaza.
Al termine della catechesi, tenuta ai piedi della statua della Madonna Addolorata, il Pontefice ha alzato lo sguardo oltre il cuore della cristianità per rivolgerlo a una terra martoriata:
“Esprimo la mia profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre”.
Un appello che Leone XIV ha collegato direttamente al comandamento divino: “Non ucciderai”. Davanti a Dio e alla storia, ha ricordato, ogni persona conserva una dignità inviolabile che deve essere rispettata e custodita. Da qui la sua richiesta netta: cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, soluzione diplomatica negoziata, rispetto integrale del diritto umanitario internazionale.
Non solo politica, ma anche teologia profonda. Al centro della catechesi, il Papa ha scelto di meditare sul mistero del Sabato Santo, il giorno del grande silenzio, quando Cristo giace nel sepolcro.
“È un silenzio gravido di senso, come il grembo di una madre che custodisce la vita non ancora nata”, ha spiegato Leone XIV. Il sepolcro diventa così “una soglia, non un termine”, il punto da cui nasce la nuova creazione, preludio della Pasqua.
Il Pontefice ha invitato i fedeli a non fuggire dal silenzio e dall’attesa, ma a viverli come grembo di speranza: “Ogni tempo sospeso può diventare tempo di grazia, se lo offriamo a Dio. Gesù sepolto è il volto mite di un Dio che lascia libertà, che si ritira per fidarsi dell’uomo”.
Le parole del Papa hanno trovato eco immediata tra i fedeli presenti e nel mondo diplomatico. Non è la prima volta che Leone XIV parla di pace, ma il tono usato oggi, definito da molti come il più forte dall’inizio del pontificato, segna un passaggio decisivo.
Il messaggio è chiaro: non si tratta solo di una questione politica, ma di una sfida morale e spirituale. In un contesto segnato da violenze, deportazioni forzate e privazioni, il Pontefice ha scelto di denunciare con franchezza, richiamando tutti alla responsabilità comune.
Il filo rosso che unisce catechesi e appello politico è la convinzione che la pace nasca non dal rumore delle armi, ma dal silenzio abitato dalla speranza. “Dio non ha paura del tempo che passa – ha detto Leone XIV – perché è Signore anche dell’attesa. Anche il nostro tempo sterile può diventare grembo di resurrezione”.
Un messaggio che appare oggi quanto mai urgente: imparare a fermarsi, a rispettare la vita, a costruire vie di riconciliazione lente ma durature. Una lezione spirituale che diventa anche un programma politico globale.