Leone XIV ai giovani: “Non fate scrivere la vostra storia da un algoritmo”


In un’Aula Paolo VI gremita da oltre ottomila studenti, Papa Leone XIV ha pronunciato uno dei discorsi più vibranti del suo pontificato: un appello accorato a una generazione “connessa ma inquieta”, chiamata a non delegare alla tecnologia il senso della propria vita.

Non lasciate che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! – ha detto il Pontefice – Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi.”

Un messaggio diretto, che arriva in un tempo in cui l’intelligenza artificiale e i social media rischiano di plasmare i comportamenti, i sogni e persino le relazioni personali di milioni di giovani.

“Educatevi a umanizzare il digitale”

Durante l’incontro, Leone XIV ha parlato come un padre e come un ex docente: “Ho atteso questo momento con grande emozione – ha confessato – perché la vostra presenza mi riporta ai miei anni di insegnamento.”

Nel suo discorso ha indicato ai ragazzi tre parole chiave per il futuro: verità, pace e responsabilità. Ha invitato a diventare “truth-speakers e peace-makers”, persone di parola e costruttori di pace, capaci di portare luce nel mondo digitale e di umanizzarlo.

Educatevi ad umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga”, ha detto il Papa, aggiungendo che “anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale”.

Parole che risuonano con particolare forza tra le nuove generazioni, cresciute tra smartphone e intelligenza artificiale, ma spesso prive di strumenti per abitare la rete in modo consapevole.

L’algoritmo non può sostituire il cuore

Il Pontefice ha messo in guardia contro la tentazione di ridurre la propria identità a un profilo digitale o a una sequenza di dati. “Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono.”

Il digitale, ha ricordato, offre enormi opportunità, ma può diventare una trappola se manca la dimensione interiore:

“Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore. Non accontentatevi delle apparenze o delle mode: sognate di più, vivete di più, guardate verso l’alto.”

L’intelligenza artificiale, “una delle rerum novarum del nostro tempo”, va dunque accolta con prudenza e con un’etica della responsabilità. Non basta essere “intelligenti nella realtà virtuale”, ha ammonito Leone XIV, “bisogna essere umani con gli altri”.

L’esempio di San Carlo Acutis: fede e tecnologia al servizio del bene

A incarnare questa visione, il Papa ha indicato San Carlo Acutis, il giovane beato che ha saputo coniugare la passione per l’informatica con la fede.

San Carlo non si è fatto schiavo della rete, ma l’ha usata per evangelizzare, per diffondere il bene”, ha ricordato il Pontefice.

L’esempio del giovane milanese diventa così il modello di una tecnologia che serve la vita, e non la sostituisce.

Oltre lo schermo: una chiamata alla libertà

Nell’epoca dell’intelligenza artificiale, la sfida educativa – ribadisce Leone XIV – è coltivare la vita interiore e non lasciarsi travolgere dalla logica dell’immediatezza.

Il suo appello ai giovani è chiaro: “Guardate al cielo, non solo allo smartphone”.

Un invito a riscoprire il silenzio, la preghiera, la capacità di ascoltare se stessi e gli altri, perché “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Dio”, citando sant’Agostino.

Un’educazione che accende stelle

Leone XIV conclude con una metafora luminosa:

“Ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro. L’educazione unisce le persone in comunità vive e organizza le idee in costellazioni di senso.”Un’immagine che racchiude l’essenza del suo messaggio: l’uomo è più grande di qualsiasi algoritmo, e solo restando fedeli alla propria umanità i giovani potranno davvero “innovare per amore”, costruendo un mondo in cui la tecnologia non comandi, ma accompagni.

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